Clizia

Ci sono fiori che non si accontentano dell’arida e grigia patria che li ospita e scelgono di colorarsi di luce stagliandosi impavidi verso il sole. Le loro corolle non contemplano il lancio di un paracadute ma il loro è un vero e proprio lanciarsi contro la luce, dentro la vita. 

Fieri colori e brillanti petali incagliati in una cornice assetata e rovente trovano nel deserto l’energia per svettare, quando nulla l’avrebbe presagito.

 


Come la storia della giovane ninfa perdutamente infatuata dalle gesta del ribelle Apollo che, incantata dal calore e dalla luce del suo astro prediletto, si innamorò del Sole. Il suo nome è Clizia, colei che si inclina e si muta, dice Ovidio nelle sue Metamorfosi. La fanciulla dalle sembianze di un fiore è conosciuta come un vivace e caldo girasole che incessantemente inseguirà per tutta la vita il suo eterno malgrado non corrisposto amore.


«Qui sull’arida schiena

Del formidabil monte

Sterminator Vesevo,

la qual null’altro allegra arbor né fiore,

tuoi cespi solitari intorno spargi

odorata ginestra

contenta dei deserti.»

 

Tratto da La Ginestra di Giacomo Leopardi


La ginestra di Leopardi non può non essere letta come una dolce e velata similitudine che vede la donna paragonata all’intrepido sbocciare di un fiore anche quando intorno non sembra esserci che arsura e abbandono. Una lei assetata di caldi raggi che con timido orgoglio decide di proiettarsi verso la luce mostrando a sé e al mondo il suo animo con tutte le sue splendide sfumature.

“Benché trattenuta dalla radice, essa si volge sempre verso il suo Sole, e anche così trasformata gli serba amore”

 

Ovidio, IV libro delle Metamorfosi

 


«Portami il girasole ch’io lo trapianti

nel mio terreno bruciato dal salino,

e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti

del cielo l’ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,

si esauriscono i corpi in un fluire

di tinte: queste in musiche. Svanire

è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce

dove sorgono bionde trasparenze

e vapora la vita quale essenza;

portami il girasole impazzito di luce.»

 

Portami il girasole di Eugenio Montale – dalla raccolta Ossi di Seppia (1925)